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Compravendita e Notaio: dati catastali e titoli di provenienza



Il notaio rogante una compravendita immobiliare non può rifarsi unicamente ai dati catastali del bene dovendone al contrario accertare l’effettiva proprietà in capo al venditore attraverso l’esame dei titoli di provenienza. Lo ha stabilito la Corte di appello di Milano, con la sentenza 7 gennaio 2014 n. 16, individuando la responsabilità professionale di un notaio, ed anche del geometra che aveva errato nel frazionamento dell’immobile, per aver stipulato un contratto in cui veniva venduto anche un subalterno che esulava dalla proprietà degli alienanti.

L’errore nella planimetria – Secondo la Corte di merito, infatti, dalla descrizione fattuale della vicenda, «risulta chiaro» che il notaio nella redazione del contratto di vendita abbia considerato soltanto le planimetrie predisposte dal geometra, «senza consultare con la dovuta perizia i precedenti atti di provenienza».

Mentre per verificare che i beni fossero realmente di proprietà dei venditori, «sarebbe stato necessario accertarsi che i medesimi beni costituissero l’oggetto del contratto d’acquisto da parte del padre dei fratelli ai quali poi i cespiti sono stati trasferiti per successione mortis causa». E tale accertamento si sarebbe dovuto effettuare «confrontando semplicemente la descrizione e le coerenze dei beni oggetto del titolo di provenienza con quanto riportato nelle schede catastali redatte dal geometra». A quel punto la mancata coincidenza delle due descrizioni «avrebbe dovuto indurre il notaio a rilevare l’errore o a far sorgere un dubbio in merito, da sciogliere con i dovuti controlli».

I doveri del professionista – Per queste ragioni il giudice di appello concorda con la motivazione fornita in primo grado dal tribunale secondo cui «nel predisporre la descrizione del bene oggetto della compravendita il Notaio non poteva limitarsi a richiamare i dati identificativi catastali risultanti dalle ultime schede catastali, ma doveva altresì esaminare il titolo di provenienza onde accertare che i beni fossero effettivamente di proprietà dei venditori».

Il valore dei registri catastali – Infatti, prosegue la sentenza, le risultanze dei registri catastali – «preordinati a fini essenzialmente fiscali» – hanno valore «meramente indiziario e da esse non può trarsi la prova decisiva della consistenza degli immobili e della loro appartenenza». Ciò vale tanto più se quelle risultanze, come nel caso di specie, «sono contraddette da altre emergenze», in particolare risultanti dal titolo di provenienza, poiché, in tema di compravendita immobiliare, «ai fini dell’individuazione dell’immobile oggetto del contratto, più che i dati catastali ha valore determinante il contenuto descrittivo del titolo ed i confini indicati nel titolo stesso».

Le attività accessorie –
«Come è noto – conclude la sentenza, riprendendo la Cassazione (26020/2014) – l’attività professionale richiesta al Notaio nel caso di stipulazione di un contratto di compravendita immobiliare, per atto pubblico o scrittura privata autenticata, non è limitata al compito di accertamento della volontà delle parti e di redazione dell’atto di vendita; essa estende anche allo svolgimento delle attività accessorie necessarie per il conseguimento del risultato voluto dalle parti e tra queste vi è il compimento di attività dirette a individuare esattamente il bene e a verificarne l’effettiva proprietà in capo al venditore, così da garantire una stipulazione legalmente valida ed efficace dell’atto, con il conseguimento dello scopo voluto dalle parti».

E «l’inosservanza di tali obblighi accessori comporta il sorgere di responsabilità contrattuale per inadempimento della prestazione d’opera intellettuale». Da ciò deriva che il Notaio è tenuto ex articolo 1176 del codice civile a risarcire il danno derivato dalla sua negligente condotta.

Scarica la sentenza della Corte d’Appello di Milano – Sezione I – 7 gennaio 2014 n. 16

 
 
 
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